Nell’ambito della Scuola di Formazione Teologica Mater Ecclesiae, si è tenuto un ciclo di tre incontri, dal titolo “La lunga strada della Pace, al servizio della giustizia”, nato grazie all’impegno di un gruppo di Obiettori della Caritas di Chiavari che, su invito della stessa Caritas, ha deciso di tornare a riunirsi, per parlare, riflettere e FARE qualcosa insieme, per superare la solitudine e il senso di impotenza e di frustrazione che pervade ciascuno di noi di fronte a ciò che stiamo vivendo, di fronte all’ingiustizia della guerra, della violenza e, soprattutto, di fronte alla rassegnata o all’interessata convinzione che questo sia l’unico modo di affrontare la realtà.
Da quando è (ri)cominciato, circa un anno fa, questo percorso, dopo aver incontrato e discusso con persone che vivono e testimoniano la pace in prima persona, il gruppo ha iniziato la pubblicazione di una piccola rassegna stampa sul sito della Caritas sull’obiezione e la pace, ha realizzato un’indagine tra i giovani del Tigullio (raggiungendo più di 1000 ragazzi) con il desiderio di conoscere ed ascoltare la loro opinione ed i loro pensieri sulla pace e la non violenza, per poi condividere e lavorare sui risultati assieme a loro, sta infine preparando un cammino di pace da intraprendere con una trentina di ragazze e ragazzi per visitare – la prossima estate – luoghi di pace o luoghi della memoria ed incontrare testimoni.
Nel primo dei tre incontri, che portava il titolo “La non violenza è l’attuale attuale varco della storia”, Angela Dogliotti, vicepresidente e membro attivo del Centro Studi Sereno Regis, ha spiegato i fondamenti teorico-pratici della non violenza ed i principi della pratica non violenta nei conflitti interpersonali e politici. Ha portato nomi ed esempi concreti, partendo dai fondatori del movimento non violento italiano, Capitini e Langer, fino ad arrivare alle donne ed ai movimenti femminili che hanno lottato pacificamente per difendere i loro diritti, per la giustizia o per riportare la pace nei luoghi martoriati dalle guerre. Si è infine chiesta che cosa possiamo fare noi per arginare la violenza: passare dalla cultura della divisione, della contrapposizione, al concetto di unità, integrazione, convergenza, che porta al conflitto sostenibile.
Nel secondo incontro, Gianmarco Pisa, che, nell’ambito dell’IPRI, l’Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Rete Corpi Civili di Pace, si occupa di diffondere la cultura della trasformazione dei conflitti ed è operatore e scrittore di pace, ha coinvolto attivamente il pubblico in un lavoro in cui bisognava mettersi in gioco, per discutere e lavorare concretamente su temi quali l’evitabilità della violenza, i conflitti nelle relazioni quotidiane, la costruzione di una cultura di pace. Ne è emerso un “decalogo” di azioni concrete, un’agenda per continuare ad impegnarsi per cambiare il nostro pensiero, per muoversi verso la non violenza attiva.
Nell’ultimo incontro, “Abitare il conflitto”, Sara, volontaria di Operazione Colomba, con cui si è occupata di vendette di sangue in Albania, di migrazioni attraverso la rotta balcanica, e sta attualmente seguendo la Palestina, ha parlato di cosa significhi vivere il conflitto, portare fisicamente la pace nei luoghi di guerra, di quale forza possa nascere dalla presenza di volontari che decidono di vivere e condividere cibo, fatica, sofferenza con i profughi delle guerre, con le popolazioni vessate o martoriate dai conflitti. Ha mostrato fotografie di luoghi lontani, dimenticati, ma soprattutto ha portato volti, sguardi, umanità.