Gli scorsi 6 e 7 novembre, unitamente a Sestri Città Aperta, Anpi, CGIL e In Cammino per la Famiglia, con la collaborazione di altre associazioni del territorio, il Gruppo Obiettori Caritas di Chiavari ha organizzato due giorni di incontri tra i giornalisti ed i ricercatori dell’associazione 46° Parallelo – Atlante delle guerre ed i ragazzi di alcune scuole di Sestri Levante e Chiavari, incontri molto partecipati, ricchi di spunti e portatori di una visione differente della situazione internazionale e dei contesti in cui nascono e si sviluppano le guerre e le attuali situazioni di crisi. La due giorni si è conclusa con un incontro pubblico al Circolo Virgola di Sestri Levante.
Di seguito si riporta il link al sito dell’Atlante delle Guerre ed una riflessione di Raffaele Crocco, relatore e presidente dell’Associazione, sulla due giorni.
Dire no alla guerra non è uno slogan, né un gesto di istinto. È un lavoro. Richiede tempo, studio, capacità di guardare oltre la propaganda, oltre le narrazioni che trasformano le guerre in inevitabilità naturali. Per questo entrare nelle scuole è sempre importante: davanti agli studenti la retorica cade, resta la sostanza di ciò che si dice.
Il 6 e il 7 novembre, tra le aule delle scuole superiori di Sestri Levante e Chiavari, questo esercizio ha preso forma. Insieme a Beatrice Taddei Saltini, siamo andati come Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo per provare a raccontare ai ragazzi cosa significhi davvero parlare di pace raccontando cosa è la guerra. Ad organizzare gli incontri è stato il gruppo degli obiettori di coscienza legati alla Caritas, insieme ad altre associazioni del territorio. Persone che portano sulle spalle una storia fatta di rifiuti consapevoli, di scelte scomode, di visioni che camminano controvento. La loro presenza ha fatto capire ai ragazzi che la pace non è un’idea astratta. È un mondo reale, fatto di gesti concreti, piccoli, ostinati, messi in fila giorno dopo giorno.
Con gli studenti il dialogo è stato bello, diretto. Loro vogliono capire perché le guerre continuano, perché il mondo sembra incapace di uscire dal ciclo della violenza, perché insistiamo nel chiamare “pace” le semplici tregue e “sviluppo” le spese militari. È lì che il nostro lavoro, quello dell’Atlante, secondo noi diventa necessario: portiamo in aula mappe, dati, storie. Mostriamo che nessuna guerra arriva improvvisa. Spieghiamo che ogni conflitto nasce da responsabilità precise, da interessi economici, da scelte politiche che qualcuno ha preso e qualcuno ha subito. Soprattutto, cerchiamo di chiarire come ogni guerra, ogni scontro armato ruoti attorno al consenso. Le guerre esistono perché diciamo sì: accettiamo di combatterle, di sostenerle, di subirle. È in questo consenso – costruito negando diritti, offrendo finte soluzioni ai bisogni, parlando di onore, patria e famiglia – la chiave di ogni singola guerra. Dire no alla guerra vuol dire negare il consenso, non accettare la narrazione dell’inevitabile.
È quello che abbiamo fatto negli incontri e in quei tre giorni è successo ciò che accade spesso quando ci si ferma ad ascoltare davvero i ragazzi: la distanza tra le loro domande e le nostre risposte si accorcia. La pace non appare più un concetto fragile, da archiviare tra le utopie, ma una strada possibile, fatta di conoscenza e partecipazione. Gli studenti comprendono che informarsi è un atto politico, che smontare le semplificazioni è un dovere civico, che la pace non è un diritto garantito, ma è la costruzione quotidiana della normalità.
Il senso del nostro passaggio nelle scuole di Sestri Levante e Chiavari sta tutto qui: ricordare che la pace è una scelta d’intelligenza. Una scelta che richiede coraggio, visione e la volontà di non girare la testa dall’altra parte. Ed è nelle scuole che questa volontà può diventare forza collettiva. Perché è lì che il mondo di domani prende forma, solo da chi sa immaginare un futuro diverso.
RAFFAELE CROCCO
Immagine: Raffele Crocco al circolo Virgola
